LA NUOVA DISCIPLINA IN MATERIA DI POLITICHE ATTIVE PER IL LAVORO

Il 26 settembre scorso è entrato in vigore il D.Lgs. 150/2015, uno degli ultimi decreti applicativi che fanno parte del cosiddetto “Jobs Act”. In particolare, il nuovo decreto riordina la disciplina delle politiche attive per il lavoro, cioè le iniziative volte a promuovere l’occupazione. Si presta particolare attenzione a soggetti disoccupati ed ai fruitori di misure di sostegno al reddito, che vengono sostenuti attraverso azioni di orientamento, formazione e collocazione.

Il decreto politiche attive istituisce l’ANPAL – Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro – che sarà un istituto autonomo, con personalità giuridica, quindi con un proprio presidente e consiglio di amministrazione. L’obiettivo dell’ANPAL sarà quello di coordinare la “Rete Nazionale dei servizi per le politiche attive del lavoro”, formata dalle strutture regionali specifiche, dall’INPS, dall’INAIL, dai soggetti privati autorizzati all’attività di intermediazione, dai fondi interprofessionali (associazioni tra rappresentanti dei lavoratori e delle imprese che finanziano attività formative per le aziende), dall’ISFOL, dalle Camere di Commercio, dalle Università e dagli Istituti di scuola secondaria di 2° grado.

Il decreto attribuisce poi ai centri per l’impiego, istituiti nel 1997 e poi modificati negli anni, un ruolo fondamentale di gestione e controllo delle politiche attive per il lavoro, che non viene più limitato a una funzione meramente informativa.

I centri sono gestiti dalle regioni e dalle province autonome con il fine di assistere i disoccupati e i lavoratori beneficiari di strumenti di sostegno al reddito e a rischio di disoccupazione, fornendo loro orientamento personale, aiuto alla ricerca di un’occupazione o di un tirocinio, consulenza e tutoraggio per chi vuole aprire un’impresa.

Al fine di garantire un’uniformità a livello territoriale, viene poi previsto un sistema informativo unitario delle politiche del lavoro, che mette insieme le banche dati dei percettori di ammortizzatori sociali, l’archivio informatizzato delle comunicazioni obbligatorie (assunzione, trasformazione, cessazione del rapporto di lavoro), e per ogni soggetto i dati relativi alla gestione dei servizi per il lavoro e delle politiche attive e tutte le informazioni relative ai percorsi educativi e di formazione professionale. Questo sistema informativo, a disposizione di INPS, INAIL, Ispettorato del Lavoro e Centri per l’impiego – oltre che ovviamente del lavoratore – dovrebbe costituire il “Fascicolo elettronico” del lavoratore, una versione completa e fruibile del libretto formativo istituito dal DLgs. 276/03 ma mai entrato pienamente in funzione.

Tra le novità, rileva in particolare modo la definizione di “disoccupati”: lavoratori che, privi di impiego, devono dichiarare online sul portale nazionale delle politiche del lavoro di essere disposti a lavorare e a partecipare alle misure previste dai centri per l’impiego. Viene inoltre istituito l’Albo nazionale degli enti accreditati a svolgere attività di formazione professionale: finora ogni ente (regioni, ministeri) aveva il suo.

I disoccupati, o comunque coloro che hanno già ricevuto lettera di licenziamento, sono tenuti a presentarsi entro 30 giorni – altrimenti vengono convocati – per stipulare il Patto di Servizio Personalizzato (PSP), in cui è indicato un responsabile delle attività, la definizione del profilo personale di occupabilità e vengono concordate tipo e frequenza delle ricerche di occupazione e dei contatti con il responsabile delle attività.

La stipula del patto è condizione necessaria per chiedere l’assegno di ricollocazione. Come esplicitamente previsto nel decreto sugli ammortizzatori sociali, la nuova norma indica tra i compiti specifici dei centri per l’impiego la verifica per i beneficiari di sussidi per chi ha perso il lavoro (NASPI, DIS-COLL, ASDI) della partecipazione delle iniziative previste dal PSP. In caso di ogni assenza ingiustificata sono previste decurtazioni nell’erogazione dei sussidi e dopo 2 o 3 assenze, a seconda della prestazione, la decadenza completa dal contributo e dallo stato di disoccupazione per almeno 60 giorni. La persona viene infatti ritenuta non più in cerca di lavoro e quindi non più disoccupata.

Per quei disoccupati percettori della NaSpI con durata maggiore di 4 mesi, viene riconosciuta poi una somma chiamata “assegno individuale di ricollocazione”, commisurato in relazione al profilo personale di occupabilità che non concorre alla formazione del reddito complessivo ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, e non è soggetto a contribuzione di alcun tipo.logo_Donati_email2