Lo stop & go dopo il Decreto Dignità

CHIARIMENTI SULLA SUCCESSIONE DI CONTRATTI E OBBLIGO DI INTERVALLO


Come disciplinato dal dall’articolo 21, comma 2, del D. Lgs. n. 81/2015 il lavoratore che cessa un rapporto a tempo determinato diretto non può essere riassunto, con la medesima tipologia contrattuale, prima che sia trascorso un periodo minimo di “non lavoro” pari ad almeno 10 giorni, se il precedente contratto era di massimo 6 mesi, o di 20 giorni, se il precedente contratto era superiore ai 6 mesi, il cd stop & go.

La regola dello stop & go può essere rivista dalla contrattazione collettiva applicata dall’azienda, e non trova applicazione solo nei confronti dei lavoratori impiegati nelle attività stagionali; nelle start-up innovative, per il periodo di 4 anni dalla costituzione della società; ovvero non si applica alle attività ed ai lavoratori espressamente esclusi come i dirigenti o gli operai agricoli a tempo determinato.

E’ importante fornire i chiarimenti su come procedere qualora si susseguano differenti tipologie di contratti a termine.

Infatti l’entrata in vigore del c.d. decreto Dignità ha previsto una sorta di equiparazione tra il rapporto subordinato a tempo determinato e la somministrazione a termine.

In particolare il rapporto di lavoro a tempo determinato tra l’agenzia di somministrazione ed il lavoratore è assoggettato alla disciplina dei contratti a tempo determinato ordinari.

La normativa specifica l’obbligatorietà sul periodo di non lavoro tra due contratti a tempo determinato esclusivamente laddove i due rapporti siano a tempo determinato diretto, come disciplinati dal Capo III del decreto legislativo 81/2015.

Conseguentemente, lo stop & go non è obbligatorio qualora i due contratti di lavoro siano di tipologie diverse.

Un esempio può essere la sequenza tra due rapporti in somministrazione a termine, infatti il giorno successivo alla cessazione di un rapporto di somministrazione a termine il lavoratore può essere ripreso, sempre in somministrazione a termine, dalla medesima azienda.

Tale deroga è dovuta al fatto che il decreto dignità, pur confermando le regole del contratto a tempo determinato anche in caso di somministrazione a termine, ha espressamente escluso le seguenti regole:
– articolo 21, comma 2: stop & go tra 2 contratti a termine;
– articolo 23: limite massimo di utilizzo
– articolo 24: diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato

Un altro esempio potrebbe essere rappresentato da un lavoratore con contratto a tempo determinato che cessa ad una data X, il giorno successivo alla cessazione può essere utilizzato dalla medesima azienda quale somministrato da una agenzia per il lavoro.

Ovviamente può essere fatto rispettando la durata massima prevista dal contratto collettivo applicato dall’azienda o, in assenza, il massimale di 24 mesi complessivi, computando entrambi i rapporti di lavoro.

Un altro esempio può essere rappresentato dalla sequenza tra un contratto intermittente a tempo determinato ed un contratto a tempo determinato diretto.

Infatti in questo caso si può derogare il rispetto dello stop & go e senza sommare il periodo svolto dal lavoratore quale intermittente con il successivo rapporto a termine ordinario.

Detta interpretazione è stata più volte fornita dal Ministero del Lavoro, il quale ha espressamente asserito che “per il lavoro intermittente non trova, in alcun modo, applicazione il D.Lgs n. 368/2001 [oggi D.Lgs n. 81/2015]”.

Ovviamente laddove la stipula di un rapporto a termine, diverso da quello ordinario, sia effettuato al solo fine di eludere la regola relativa alla vacanza tra due contratti a tempo determinato non è possibile farlo.

Ad esempio se venisse effettuata la stipula di un rapporto di somministrazione a termine al fine di “coprire” il periodo di stop & go , per poi riassumere il lavoratore con un altro rapporto di lavoro a tempo determinato diretto, ciò potrebbe essere interpretato come una “somministrazione fraudolenta”.