Jobs Act: La Consulta dichiara illegittimo il calcolo degli indennizzi per i licenziamenti

La Corte Costituzione in una recente pronuncia, ha risposto ad una questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale del Lavoro di Roma, dichiarando incostituzionale il meccanismo di calcolo degli indennizzi per i licenziamenti previsti dal Dl 23/2015 Art.3 c.1 (C.D. Jobs Act) per il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti.

Il tribunale istante, si è rivolto alla Corte per le problematiche relative al meccanismo di indennizzo. Secondo il giudice ricorrente, il contrasto con la Costituzione non si aveva nell’ eliminazione della “reintegra” in favore della monetizzazione del risarcimento, “quanto in ragione della disciplina concreta dell’indennità risarcitoria, destinata a sostituire il risarcimento in forma specifica, e della sua quantificazione.”

Nel Jobs Act varato nel 2015, veniva stabilite le linee guida per calcolare le indennità in caso di licenziamento illegittimo. La normativa riportava tali indicazioni: “Il giudice (…) condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a quattro e non superiore a ventiquattro mensilità

Tale principio, secondo la Consulta, è contrario ai principi di ragionevolezza e di uguaglianza e contrasta con il diritto e la tutela del lavoro sanciti dagli articoli 4 e 35 della Costituzione.

Il DL 23/2015 prevedeva per il lavoratore ingiustamente licenziato un indennizzo da quattro a ventiquattro mensilità come risarcimento, aggiungendo due mensilità ogni anno di servizio prestato.

Il recente DL 98/2018 ha modificato il “Quantum” minimo e massimo degli indennizzi (prevedendo come periodo di calcolo dai 6 a 36 mesi), ma non il meccanismo di determinazione che è rimasto quello legato all’ anzianità di servizio.