Jobs Act: finiscono così i contratti di collaborazione

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Jobs Act cococo 2015: in vigore i nuovi decreti attuativi

Addio co.co.co. Dopo l’entrata in vigore (il 7 marzo) dei nuovi contratti a tutele crescenti, la riforma del lavoro continua con il riordino delle forme contrattualie le nuove norme sulla conciliazione di lavoro e vita privata. I due decreti attuativi del Jobs Act, hanno completato l’iter parlamentare e, dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, sono entrati in vigore il 25 giugno 2015.

Procede così la manovra del Governo volta a ridurre i contratti di collaborazione e rendere quelli a tempo indeterminato la principale forma di occupazione del nostro Paese. Una riforma volta, quindi, a contrastare il precariato e soprattutto a garantire un impego stabile e sicuro nel tempo a più giovani.

Jobs Act cococo cocopro: quali contratti saranno modificati

La principale novità introdotta è quella relativa al riordino delle forme contrattuali, che prevede, dal primo gennaio 2016, il superamento sia dei contratti di collaborazione a progetto sia dell’associazione in partecipazione. Tipologie di contratti che se risulteranno esclusivamente personali, continuative e organizzate direttamente (sia nel tempo che nei luoghi) da datore di lavoro, verranno equiparate al lavoro subordinato.

La riforma non comprende però le collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali prevedono discipline specifiche relative al trattamento economico e normativo. Escluse anche le collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali che richiedono l’iscrizione in appositi albi professionali. La legge incide anche sui voucher lavoro portando il tetto annuo da 5 mila a 7 mila euro.

Jobs Act cococo e conciliazione lavoro-vita privata: ecco cosa cambia

Per quanto riguarda invece la possibilità di modificare le mansioni assegnate al dipendente, in caso di riorganizzazione o ristrutturazione l’impresa può modificare le mansioni e il livello di inquadramento inferiore, senza però modificare il trattamento economico del lavoratore, fatta eccezione per quello accessorio.

Fanno eccezione gli accordi già stipulati, per i quali la legge chiarisce che i trattamenti straordinari di integrazione salariale precedenti all’entrata in vigore del decreto “mantengono la durata prevista”. Per quanto riguarda invece gli accordi conclusi in sede governativa entro il 31 maggio 2015, la legge indica la possibilità di proseguirne la durata, con l’istituzione di un fondo aggiuntivo pari a 90 milioni per il 2017 e 100 milioni per il 2018.

Opportunità aperta però solo ai patti riguardanti casi di “rilevante interesse strategico per l’economia nazionale” e la cui fine potrebbe comportare “ricadute occupazionali, tali da condizionare le possibilità di sviluppo economico territoriale” e con un piano industriale che preveda l’utilizzo di “trattamenti straordinari di integrazione salariale oltre i limiti previsti”.

Il decreto sulla conciliazione di lavoro e vita privata allunga inoltre i tempi per fruire del facoltativo, portando da 3 a 6 anni e da 8 a 12 anni di età del bambino i termini previsti rispettivamente per il congedo retribuito e per quello non retribuito.

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